L’Unità papista C’era una volta Antonio Gramsci Fa sincero piacere che “l’Unità” sia tornata in edicola, perché abbiamo anche temuto che la sospensione delle pubblicazioni del quotidiano fondato da Antonio Gramsci anticipasse una minaccia al pluralismo dell’informazione in Italia. Sotto un profilo editoriale, conoscendo i problemi finanziari de “l’Unità”, la ripresa delle pubblicazioni di quel giornale, è un invito a noi stessi, ovvero, se poi la vogliamo davvero una voce repubblicana, o possiamo farne a meno. Sono scelte che presto si faranno radicalmente e i repubblicani decideranno come meglio credono. Questo nostro giornale nelle attuali condizioni non potrà andare avanti ancora per molto, è bene saperlo. Quanto a “l’Unità,” ci mancava, non solo perché il ricordo del conflitto fra Togliatti e La Malfa si svolgeva fuori dall’ aula parlamentare, sui reciproci quotidiani di partito, ma soprattutto per il ruolo avuto sulla cultura italiana dal suo fondatore, Antonio Gramsci. Gramsci è un intellettuale brillantissimo di cui noi non condividiamo quasi niente. Sotto il profilo storico ideologico, il problema repubblicano per eccellenza dovrebbe essere quello di degramscianizzare la cultura italiana, o almeno provarci. Il perché è semplice. Se Marx detestava Mazzini come un avversario, Gramsci mira principalmente a ridicolizzarne l’intero operato. Marx aveva una ragione di invidia personale oltre che una rivalità politica evidente. Mazzini era un rivoluzionario conosciuto in tutto il mondo, Marx solo uno studioso promettente. Gramsci, invece, vede nella figura di Mazzini un mito da abbattere. Gli preferisce il re e Cavour, e accusa Mazzini del fallimento della rivoluzione in Italia, quasi che in Europa questa avesse ottenuto un qualche successo nel corso dell’800 invece che continue sconfitte. Gramsci iscrive l’epopea rivoluzionaria all’interno di due fenomeni: la rivoluzione francese e la rivoluzione russa, come una soluzione di continuità. Mazzini ne è escluso, ma solo perché Gramsci confonde le due rivoluzioni come in uno specchio, tanto da scrivere nel suo "il Risorgimento", che il partito giacobino seppe realizzare l’unità della massa operaia delle città con quella contadina delle campagne, progetto del partito bolscevico. Una visione storica piuttosto approssimativa, perché ammesso fosse vera e ovviamente non lo è, questa unità realizzata dal partito giacobino, si sarebbe consumata con la Vandea, ovvero un massacro capace di almeno centoventimila morti - gli storici stanno ancora a discutere a proposito la cifra esatta c'è chi sostiene seicentomila -. Gramsci ha conoscenze storiche minime e bisogna dire che mentre Marx comprese perfettamente gli aspetti principali della Grande Rivoluzione, lui sembra quasi ignorarli, per cui non comprende minimamente Mazzini, o ignora appositamente le differenze per attaccarlo. Abbiamo sempre ritenuto necessaria la polemica intellettuale con “l’Unità” per questa derivazione gramsciana. Se non si comprende Mazzini, non si capisce la storia delle dottrine politiche ed al posto della democrazia si finisce per sostenere la dittatura del proletariato, o la sua variante italiana, "l'egemonia". Piuttosto è vero che “l’Unità” di oggi non sembra avere particolare considerazione verso il suo antico fondatore, o per lo meno, intende diffondere e far conoscere il pensiero del papa nella sua ultima enciclica che sarà pubblicata integralmente. Se l'Unità diventerà papista non avremo più nessuna ragione di polemica, noi che siamo stati alleati 40 anni con la Dc, e insolentiti per questo, quando la vedremo appesa in edicola, chineremo la testa con un sorriso. Ecco il giornale del fondatore dell’ateo Partito comunista. Roma, 1 luglio 2015 |